Portico con ingresso al Teatro Anatomico (Piano terra)

Il visitatore dopo aver varcato quello che un tempo era l’ingresso secondario (Fig. 1) del Teatro Anatomico verso  Piazza d’Armi  (l’attuale via Berengario), si ritrova nel settecentesco portico formato da nove arcate a tutto sesto, quattro delle quali attualmente chiuse. In origine l'ingresso principale del Teatro Anatomico era dal cortile maggiore del ex Ospedale Civico di Sant’Agostino del 1758. A metà del porticato (Fig. 2), infatti, provenendo dal contiguo cortile dell’Ospedale, si accedeva mediante alcuni gradini, all’atrio del Teatro anatomico. Gli studi di anatomia umana rappresentano a Modena una tradizione antica, storicamente documentabile fin dal XV secolo. Risalgono infatti a quel tempo le prime notizie di dissezioni pubbliche, esercitate per l’istruzione dei giovani medici ed eseguite in case private.

 

                                              

 

                                                             

                                                                     

 

                                                                         

Fig. 1 Ingresso su via Berengario Fig. 2 Porticato settecentesco Fig. 3 Veduta aerea isolato Sant'Agostino

 

                                                                          

Nel Seicento presso il Palazzo Comunale era già esistente un Teatro anatomico stabile nel quale il noto anatomo-patologo Francesco Torti (1658-1741) teneva lezioni di medicina ed eseguiva molte dissezioni di cadaveri. Tuttavia il Teatro ebbe vita breve perché già nel 1713 venne trasformato in un teatro da opere e commedie, chiamato poi teatro Molza. Gli studi di anatomia si ridussero così a lezioni teoriche anche se all’Ospedale Sant’Agostino si continuavano a eseguire dissezioni di cadaveri. La progressiva evoluzione delle scienze mediche rese necessarie strutture per lo studio dell’anatomia umana stabili. In un primo tempo si pensò alla costruzione di un teatro anatomico all’interno del palazzo dell’Università, ma poi appurata l’inadeguatezza della soluzione, si preferì costruirlo all’interno dell’isolato dell’Ospedale. Si scelse l’area in cui sorgeva la cappella di San Nicolò, obitorio dell’Ospedale, che venne demolita e ricostruita nello spazio adiacente (Fig. 3).

 

 

                

 

                                                             

   

                                                           

Fig. 4 Busto in gesso raffigurante Antonio Scarpa Fig. 5 Progetto del Teatro Anatomico, 1773. ASMo Fig. 6 Ingresso all'atrio del Teatro Anatomico

 

                                                                                                                                         

Così nel 1773 sotto l’impulso del  Duca Francesco III, al  quale si deve la riforma universitaria che trasformò lo Studio Pubblico di Modena in Università Estense, iniziarono i lavori per la costruzione di un Teatro Anatomico stabile destinato all’insegnamento dell’Anatomia. Il progetto fu eseguito da Antonio Scarpa (Fig. 4), docente di anatomia dell’Ateneo modenese dal 1772 al 1783, che si ispirò a quello di Girolamo Frabrizio d’Acquapendente dell’Università di Padova, il più antico (1594) in Italia. Il nuovo fabbricato del Teatro Anatomico venne inaugurato ufficialmente nel gennaio 1775 con un’apprezzatissima lezione in latino dello stesso Scarpa. La costruzione originale del Teatro, costituito soltanto dal pian terreno, comprendeva il porticato, quattro camere che si estendevano parallelamente al porticato, un atrio che dava adito alla torre ottagonale costituente il teatro vero e proprio e due laboratori situati a fianco dell’ottagono. Dalla mappa raffigurante il progetto del Teatro è interessante notare le due versioni di ricostruzione della cappella di San Nicolò; delle due fu attuata quella disegnata a parte in alto (Fig. 5) . Il portale dell’atrio del Teatro Anatomico presenta in alto una raffinata rostra con leggiadri motivi decorativi vegetali in ferro battuto (Fig. 6). Al di sopra è ancora presente la lapide marmorea commemorativa che ricorda l’anno di fondazione del Teatro (Fig. 7).

 

 

                                                                                      

Fig. 7 Lapide sul portone d'ingresso all'atrio del Teatro Anatomico 

       

        

                                           

 

Atrio antistante il Teatro (Piano terra)

Lasciato il portico alle spalle, si entra nell’atrio del Teatro. L'incisione (Fig. 1)  tratta dal  periodico Il Mondo illustrato giornale universale del 1847 mostra l'atrio così come ancora oggi si presenta (Fig. 2); a destra è visibile l'ngresso all'ex laboratorio, a sinistra la porta che dà all'ex sala degli esercizi ed alla scala che porta su al Museo Anatomico, al centro la grande porta, che originariamente fungeva da ingresso del Teatro e ai lati di essa due porte che danno all'arena del Teatro.

 

Fig. 1 Incisione dell'atri dell Teatro Anatomico tratta da un periodico del 1847.

 

L'atrio  è ornato da busti in cotto di quattro illustri anatomisti e docenti dell’Università di Modena, collocati all’interno di nicchie ricavate al di sopra delle porte che si affacciano sul vestibolo. I busti, eseguiti nel 1774 dallo scultore pesarese Sebastiano Pantanelli, raffigurano: Gabriele Falloppio (Fig. 3), Jacopo Berengario (Fig. 4), Bernardino Ramazzini (Fig. 5) e Francesco Torti (Fig.6). Tali busti mantengono ancora la collocazione originaria. La lapide marmorea (Fig. 7) posta sulla porta centrale ha invece sostituito il busto di Antonio Vallisneri (Fig. 8) che è stato trasferito all’inizio della scala di accesso al piano superiore. Anche quest’opera è stata eseguita dal Pantanelli.

 

Fig. 2 Atrio del Teatro prima del restauro del 2018 Fig. 3 Busto di Gabriele Falloppio prima del restauro del 2018 Fig. 4 Busto di Jacopo Berengario prima del restauro del 2018

 

L’iscrizione della lapide commemorativa, datata 1818 e dettata dal successore di Scarpa Santo Fattori, ricorda la realizzazione del Museo Anatomico da parte del Duca Francesco IV d’Austria Este. Conclusosi, infatti, con la restaurazione degli Estensi il travagliato periodo di dominazione francese (1796-1814), l’Università di Modena cominciò a riprendere vita; il duca Francesco IV decise di ampliare i locali destinati all’insegnamento dell’anatomia e per dare un’adeguata sistemazione ad un primo nucleo collezionistico di preparati anatomici, ordinò l’innalzamento di un nuovo piano all’edificio del Teatro Anatomico per la realizzazione di un  Museo Anatomico, uno dei primi musei della città. Per dare accesso al piano superiore fu necessario costruire una scala e se ne ricavò lo spazio sacrificando una parte dell’area dell’ottagono del Teatro, quella prospiciente il porticato; in tal modo il Teatro venne ad assumere una pianta irregolarmente esagonale, che conserva a tutt’oggi.

 

Fig. 5 Busto di Bernardino Ramazzini prima dell restauro del 2018 Fig. 6 Busto di Francesco Torti prima del restauro del 2018 Fig. 7 Lapide commemorativa del 1818

 

Tale scala fu in seguito demolita quando nel 1852 venne realizzata la scala curva adiacente all’ultimo vano a sinistra dell’atrio, ancora oggi utilizzata per accedere al Museo Anatomico (Fig. 9). Prima di giungere alla scala che si apre sulla sinistra dell’atrio è possibile osservare altri busti: Lazzaro Spallanzani (Fig. 10), opera di Remigio Lei, tecnico del Museo dal 1858, Paolo Mascagni e Antonio Caldani.

 

 

 

Fig. 8 Busto di Antonio Vallisneri prima del restauro del 2018 Fig. 9 Pianta Teatro con modifiche dopo il 1815 Fig. 10 Busto di Lazzaro Spallanzani prima del restauro del 2018

 

 

 

Teatro Anatomico (Piano terra)

Il Teatro Anatomico, costruito in legno dentro la fabbrica di muratura, fu ideato dal professore Antonio Scarpa, Ordinario di Chirurgia e di Anatomia dell’Università di Modena dal 1772 al 1782. Egli si ispirò al Teatro anatomico realizzato da Fabrizio d’Acquapendente per l’Università di Padova, giudicandolo il migliore esistente. Scarpa, infatti, si fece spedire dal modenese Girolamo Vandelli, professore di Chirurgia a Padova, il modello in legno del Teatro dell’Acquapendente che giunse a Modena nel Febbraio del 1774. Il progetto fu affidato al “capomastro” Lorenzo Toschi, che approntò il disegno e dette inizio ai lavori (Fig. 1).

 

Fig. 1  Progetto Teatro Anatomico, 1773. Archivio di Stato di Modena. Mappario Estense

 

Dalla sua perizia conclusiva eseguita il 16 Maggio 1775, si apprende che “questa fabbrica ebbe il suo principio il giorno 17 decembre 1773” e che “il giorno 20 gennaio 1775 il Sig.e Dottor Scarpa diede la prima lezzione in suddetto Teatro” anche se i lavori non erano ancora terminati; mancava infatti il selciato del Teatro che fu terminato il giorno 10 Aprile 1775. Si tratta di un vero e proprio anfiteatro ad ellissi allungata, molto alto ed illuminato da quattro ampie finestre. L’arena nella quale era posto il tavolo per le dissezioni è costituita da quattro ordini di sedili in legno. In alto, tutt'intorno all'arena, sporge una piccola tribuna con balaustre in legno che al bisogno poteva accogliere ulteriori uditori delle lezioni (Fig. 2 ).

 

Fig. 2  Incisione del 1847. Interno Teatro Anatomico

 

Nel 1815 con l’ampliamento dei locali destinati all’insegnamento venne innalzato di un nuovo piano l’edificio del Teatro Anatomico, pertanto per accedere ai locali superiori fu necessario costruire una scala e ciò determinò la modifica e la riduzione dell’area dell’originale ottagono, ragion per cui il Teatro assunse la forma irregolarmente esagonale che ancor oggi conserva. Al termine dei lavori a ricordo del duca Francesco IV, fu posta una lapide sulla porta che dall’atrio immette alle scale e dalla quale prima si entrava direttamente nel Teatro. Le uniche modifiche moderne sono lo smalto bianco dato alle gradinate che in origine erano in colori a tempera verde acquamarina, l’impianto per l’illuminazione artificiale e due televisori per la visione delle lezioni a circuito chiuso (Fig.  3). Nel Teatro le lezioni sono state svolte fino al 1985. Il restauro (Fig. 4), realizzato tra il 2016 e il 2017 e concluso con l'inaugurazione del 9 febbraio 2018, si è inserito a completamento di un progetto di lavori di riparazione con rafforzamento locale avviati dopo gli eventi sismici del maggio 2012. La cavea del Teatro ha recuperato l'antica cromia e nelle sale attigue sono stati posizionati anche gli antichi tavoli anatomici in marmo. 

 

                                                                                                 

 

                                                                                                   

Fig. 3 Interno teatro Anatomico prima del restauro Fig. 3 Interno teatro Anatomico dopo il restauro

 

 

 

 

Vestibolo del Museo Anatomico (Primo piano)

Dopo aver percorso la scala curva del 1852 ci si ritrova al primo piano dell’edificio e si accede al piccolo atrio del Museo Anatomico. Il vestibolo museale è ornato da lapidi commemorative di medici e scienziati dell’Ottocento, volute dal professore Paolo Gaddi direttore del Museo dal 1840 al 1871 (Fig. 1). Si possono infatti leggere incisioni in ricordo dei professori modenesi di Anatomia quali Santo Fattori (1768-1819), Giuseppe Jacopi (1779-1813), entrambi allievi di Antonio Scarpa, Michele Araldi (1740-1813) e del mirandolese Alfonso Bignardi (1770-1837), che arricchirono di pregevoli preparazioni anatomiche la raccolta del Museo.

 

Fig. 1  Ingresso Museo Anatomico

     

Sulla porta di ingresso del Museo l’iscrizione sulla lunetta in marmo (Fig. 2), stilata da Celestino Cavedoni, ricorda il Duca Francesco IV che ampliò il Museo (1817) e il Duca Francesco V che ultimò la costruzione dello stesso nel 1853. Ancora oggi il Museo si presenta nell’originale allestimento ottocentesco costituito da quattro sale intercomunicanti tra loro e costruite in anni diversi. Il percorso attuale del visitatore non rispecchia, però, quella che è la cronologia di costruzione delle quattro sale; infatti l’attuale prima sala è l’ultima ad essere stata costruita, la seconda è la terza, la terza è il nucleo originario del Museo costruito nel 1822 ed infine la quarta è la seconda in ordine cronologico. La storia del Museo Anatomico ha inizio con la riforma universitaria voluta da Francesco III nel 1772 e la costruzione del Teatro Anatomico; ciò favorì il costituirsi di primi nuclei di reperti anatomici da utilizzarsi durante le lezioni. Terminata l’occupazione francese, le attività universitarie ripresero e Francesco IV iniziò i lavori di ampliamento con la costruzione di una scala (1818) per accedere al primo piano nel quale sarebbe sorto il Museo. La I sala venne terminata nel 1822, la II nel 1839, la III  nel 1840 e la IV ed ultima sala del 1853 grazie alla generosità del duca Francesco V.

 

Fig. 2  Lapide commemorativa del termine dei lavori di ampliamento del Museo

 

Le quattro sale del Museo accolgono i preparati anatomici frutto del lavoro meticoloso dei medici; organi ed apparati prelevati nelle esercitazioni settorie venivano trattati con opportune tecniche di conservazione e poi disposti nelle vetrine del Museo a scopo didattico e di studio. Il Museo venne inaugurato ed aperto al pubblico nel 1854 in occasione della triennale esposizione delle Belle Arti modenesi. Nel tempo il patrimonio museale aumentò notevolmente per merito dei docenti nonché direttori del Museo che si succedettero negli anni. Al professor Paolo Gaddi (direttore dal 1840 al 1871) si devono un gran numero dei preparati in cera presenti nel Museo, per la maggior parte opera dall’abile ceroplasta modenese Remigio Lei assunto come modellatore del Museo nel 1858. Al professor Giuseppe Sperino (direttore dal 1898 al 1926) si deve l’aumento dei preparati per essiccamento. Il Museo per lunghissimo tempo ha rappresentato la principale risorsa didattica per medici e studenti di medicina. Dopo il 1926 pochi furono i preparati aggiunti, gli ultimi dei quali risalenti agli anni ’70. Gli oltre 3000 preparati sono per lo più reperti umani, essiccati o fissati in formalina, ma sono presenti anche modelli anatomici in gesso o in cera. Nel 1977 si è proceduto ad una risistemazione dei reperti, che sono stati collocati nelle vetrine a parete e nelle bacheche centrali secondo il criterio dell’Anatomia descrittiva ossia per apparati; tranne rare eccezioni sono tutti preparati di anatomia umana normale.

 

 

Prima Sala (Primo piano)

La prima sala del Museo Anatomico, cronologicamente quarta ed ultima costruita nel 1853, è dedicata allo scheletro. Le vetrine, contrassegnate in ordine alfabetico, sono ordinate in senso orario a partire dal lato sinistro rispetto all’entrata (Fig.re 1,2,3). Nella prima vetrina, a lato sinistro dell’entrata, sono esposti crani variamente sezionati per mostrare i parametri antropometrici proposti da vari antropologi del tempo: Camper, Cuvier, Bichat e Spix. Trovano inoltre posto crani di diverse forme: ovoidale, ellissoidale, ecc..

 

Fig. 1  Panoramica della prima sala del Museo Fig. 2  Panoramica della prima sala del Museo Fig. 3  Panoramica della prima sala del Museo.

 

Da notare un preparato in cera raffigurante un bambino sottoposto ad una deformazione tabulare etnica del cranio, dovuta a pratiche in uso presso certi popoli per motivi estetici o di casta, ed ottenuta per mezzo di un prolungato schiacciamento della testa dell’infante fra due tavole (Fig. 4). Alcuni crani che presentano deformazioni legate a diversi tipi di patologie mentre altri sono sezionati per evidenziarne la componente ossea interna. Una serie di crani di feti e di bambini mostra i vari stadi di ossificazione (Fig. 5).  L’accostamento fra lo scheletro di una donna affetta da nanismo acondroplasico e quello di un ragazzo mette in evidenza le differenze nelle proporzioni degli arti. Da notare una singolare collezione di 49 scheletri di feti, dal nono mese di gravidanza fino al sessantesimo giorno dal concepimento (Fig. 6) che,  preparati secondo il gusto ottocentesco in atteggiamenti di vita quotidiana, illustrano l’accrescimento dello scheletro nelle varie fasi di sviluppo embrionale.

 

 

 

Fig. 4  Preparato in cera Fig. 5  Crani di feti a vari stadi di sviluppo Fig. 6  Feto al 60° giorno di sviluppo

 

 

Un magistrale preparato per essiccamento, eseguito dal prof. G. Sperino nel 1906, relativo all’arto inferiore  mette in evidenza le componenti muscolari, venose ed arteriose (Fig. 7). Non inerenti alla tematica della sala sono tre donne mummificate, una preparata con bagno in sublimato corrosivo (1841) (Fig. 8) e le altre in acido arsenioso (1834 e 1839), che hanno destato nel 2003 l’interesse del National Geographic, culminato nella realizzazione di un documentario dal titolo: “La Via delle Mummie”. In una vetrina è contenuta una collezione di crani frenologici cioè classificati secondo la teoria per cui la conformazione del cranio sarebbe legata alla personalità dell’individuo (teoria che in Italia ebbe tra i suoi sostenitori Giuseppe Lombroso).

 

Fig. 7  Preparato del Prof.re G. Sperino 1906 Fig. 8  Mummia di donna del 1841

 

Nelle vetrine a lato dell’entrata, è custodita la raccolta etnografica di Gaddi, iniziata nel 1844 e composta da crani appartenenti a individui delle diverse etnie umane, che costituiva il Museo Etnografico Antropologico (Fig. 9). La raccolta è completata da una serie di busti eseguiti dal ceroplasta Remigio Lei riproducenti le fattezze di cinque individui di sesso maschile: un caucasico, un giapponese, un mongolo, un etiopico ed un beduino (Fig. 10). Questa collezione è di notevole interesse storico in quanto fu, nel suo genere, la prima in Italia. Al centro della sala si trovano infine due vetrinette, quella a sinistra accoglie molteplici esemplari delle singole ossa del cranio e della faccia, mentre quella a destra le ossa del tronco. I reperti sono ordinati evidenziando i diversi stadi di sviluppo e la variabilità delle forme.

 

 

Fig. 9  Vetrine contenenti la raccolta di crani Fig. 10  Busti in cera eseguiti da Remigi Lei

 

 

 

 

Seconda Sala (Primo piano)

La seconda sala del Museo Anatomico, costruita nel 1840 (terza in ordine cronologico), raccoglie i preparati artro-miologici, ossia le ossa con relativa componente muscolare (Fig.re 1, 2). Nelle vetrine a sinistra del visitatore che entra nella sala sono conservati i reperti relativi all’arto superiore: articolazione della spalla, del gomito e della mano. In alcuni sono messi ben in evidenza anche le componenti vascolari e nervose.

 

Fig. 1  Panoromiche della seconda sala del Museo Fig. 2  Panoromiche della seconda sala del Museo

                                  

Degno di nota è il preparato per essiccamento che evidenzia l’inserzione dei muscoli dell’avambraccio e della mano sulla relativa componente ossea (Fig. 3). Le vetrine di destra sono invece dedicate all’arto inferiore, con preparati relativi soprattutto alle articolazioni. In un’altra vetrina sono contenute cere rappresentanti la muscolatura della faccia e del collo (Fig. 4). Alla base della stessa vetrina sono riposti calchi in gesso e relative matrici di crani iperostosici (eccessivo ispessimento dell’ossatura cranica).

 

 

 

 

 

Fig. 3  Preparato essiccato di arto superiore Fig. 4  Preparato in cera raffigurante la muscolatura della faccia Fig. 4  Preparato in cera raffigurante la muscolatura della faccia

 

 

Al centro della sala trova attualmente posto il tavolo anatomico (Fig. 5), un tempo collocato nel Teatro Anatomico,  utilizzato dal professore Antonio Scarpa durante le esercitazioni settorie rivolte agli studenti di Medicina. A destra e a sinistra del tavolo sono posizionati due armadi-vetrina. In uno è contenuto lo scheletro di un etiope di 28 anni e la relativa preparazione tassidermica con il metodo dell’imbottitura (prof. Alfonso Domenico Bignardi,1831); nell’altro lo scheletro di una nubiana di 25 anni, la cui cute venne modellata su di un calco in gesso, realizzato dal Lei (1866) (Fig. 6).

 

 

 

Fig. 5 Tavolo anatomico per le esercitazioni settorie Fig. 6 Scheletro e preparato tassidermico (1866)

 

 

 

 

Terza Sala (Primo piano)

La terza sala del Museo Anatomico è dedicata agli organi interni (Fig.re 1,2,3). Questa sala rappresenta il nucleo primitivo del Museo. Infatti dopo il periodo napoleonico, a partirer dal 1817 l'arciduca d'Austria Este Francesco IV decise di ampliare i locali destinati all'insegnamento  delle discipline mediche e dispose l'innalzamento di un nuovo piano al già esistente edificio del Teatro Anatomico nel quale sarebbe stato realizzato il Museo Anatomico. Nel 1822 per iniziativa del professore di anatomia Alfonso Domenico Bignardi fu costruita questa prima sala che, a lavori ultimati delle altre sale, costituirà la terza sala del Museo Anatomico.

 

 

 

 

Fig. 1  Panoramica della terza sala del Museo Fig. 2  Panoramica della terza sala del Museo Fig.  3  Panoramica della terza sala del Museo

 

Nella vetrina posta sul lato destro del visitatore che entra nella sala, una statua anatomica (che riunisce parti vere con parti ricostruite) evidenzia la rete nervosa periferica, i tratti principali del sistema arterioso, l’esofago e la trachea (Fig. 4). La vetrina  dedicata all’apparato respiratorio conserva, fra i pezzi più interessanti, i modelli di bronchi e bronchioli, ottenuti con iniezioni pirometalliche (metallo fuso), ed il preparato relativo al primo tratto dell’apparato respiratorio. Da notare la collezione di 385 cervelli in paraffina, appartenuti ad individui deceduti nel carcere di Castelfranco Emilia ed i cui scheletri, scomposti, costituiscono la Collezione del professor Giuseppe Sperino (1850-1926) (Fig. 5).

 

Fig. 4  Rete nervosa   Fig. 5  Cervelli conservati in paraffina

 

Interessante è la splendida riproduzione in cera di un tronco di giovinetto con evidenziati gli organi della cavità toraco-addominale, probabilmente realizzata da Remigio Lei nel suo periodo di apprendistato a Firenze (1863) (Fig. 6). Tre vetrine sono invece dedicate al sistema circolatorio: nella prima vi è un preparato per essiccamento di un fanciullo, mostrante i tratti principali della circolazione sanguigna. Nelle rimanenti, particolarmente importante è il modello di testa e tronco di bambino, con arterie e vene ben evidenziate. Altre due accolgono campioni relativi agli apparati urogenitali femminile e maschile.

 

Fig. 6  Tronco di giovanetto in cera (Firenze 1863)

 

Da segnalare il bacino di una donna gravida (Fig. 7), conservato per essiccamento, preparato da Antonio Scarpa, probabilmente il reperto più antico del Museo Anatomico e alcune cere molto belle, rappresentanti il bacino femminile e relativi apparati, durante la gravidanza. Sono esposti statue anatomiche di adulti mummificati con evidenziati i diversi apparati. Al centro della sala si trovano poi due vetrinette, che nella parte superiore mostrano preparati per iniezione metallica dei vasi sanguigni di diversi tessuti. Vi sono inoltre un tronco sezionato di adulto, con la circolazione arteriosa e venosa in evidenza, e le componenti cardiocircolatorie di un bambino. Infine, in una vetrinetta, è conservata una cera rappresentante un tronco di adulto, sezionato ventralmente a mostrare gli organi della uropoiesi (secrezione urinaria). Da notare infine, fra la III e la IV sala, due quadri espositivi con pezzi di pelle umana tatuata. Lo studioso Cesare Lombroso riteneva i tatuaggi particolarmente interessanti, in quanto connessi al livello di criminalità dell’individuo (Fig. 8).

 

 

 

Fig. 7 Utero gravido essiccato eseguito dallo Scarpa Fig. 8 Pezzi essicati di pelle umana tatuata

 

 

 

Quarta Sala (Primo piano)

L’attuale ultima sala che il visitatore può ammirare, in effetti la seconda per costruzione (1839), contiene i preparati relativi allo sviluppo dell’embrione e del feto umano, al sistema nervoso centrale e periferico, agli organi di senso ed a gravi anomalie congenite (Fig.re 1,2). Nelle vetrine di destra sono esposti vasi contenenti feti in formalina ai diversi livelli di sviluppo e cere rappresentanti lo sviluppo dell’uovo fino all’ottava settimana di gestazione.  Molto interessanti sono le cere relative all’organogenesi del cuore e degli apparati genitali maschili e femminili.

 

Fig. 1 Panoramica della quarta sala del Museo Fig 2 Panoramica della quarta sala del Museo

 

 

Fra i preparati dedicati al sistema nervoso periferico sono particolarmente interessanti i modelli  in gesso del piede (Fig. 3), della mano (Fig. 4), della testa (Fig. 5) e di un corpo intero, variamente colorati per mostrare le diverse zone d’innervazione sensoriale. La vetrina relativa all’apparato acustico contiene riproduzioni rappresentanti il nervo acustico e la superficie dell’orecchio interno, alcune collezioni di ossa temporali e di ossicini dell’orecchio medio (martello, incudine e staffa). Interessanti i modelli rappresentanti le tre parti in cui è suddiviso l’apparato acustico.

 

 

 

Fig. 3  Angolazioni diverse del piede Fig. 3  Angolazioni diverse del piede   Fig. 5  Busto in gesso

   

Nella vetrina riguardante l’apparato tegumentario sono contenute raccolte di capelli in base a colore e spessore, porzioni di cute e tavole con diversi annessi cutanei (peli, ghiandole, unghie, ecc.) e degna di nota è la teca contenente i vari ingrandimenti dei corpuscoli sensoriali del Pacini (Fig. 6), realizzati in cera dal Lei sotto la direzione dello professore  Filippo Pacini. Da notare infine le tre tavole con calchi pirometallici dell’orecchio interno dell’uomo, di alcuni uccelli e di alcuni mammiferi eseguiti dal Gaddi (1862). La vetrina dedicata all’apparato visivo espone numerosi modelli della struttura dell’occhio, nonché una collezione di occhi interi e sezionati conservati in formalina. Nella vetrina del sistema nervoso fra i più interessanti preparati vi sono  una sezione di scatola cranica che consente di osservare le membrane interne ed una cera rappresentante gli emisferi cerebrali ed il primo tratto del midollo spinale, opera del ceroplasta Lei tra le opere eseguita nel 1858 per essere assunto come tecnico del Museo (Fig. 7).

 

Fig. 6  Corpuscoli sensoriali, preparato in cera Fig. 7  Emisferi cerebrali, preparato in cera 1858

 

Proseguendo il visitatore può osservare i preparati relativi ad anomalie dello sviluppo embrionale negli animali e nell’uomo. Sono conservati animali bicefali (Fig. 8) (un maialino con doppia testa, un vitello e un maialino con due facce ed un’unica testa), un gatto affetto da ciclocefalia (un occhio solo), una rana con tre zampe, ecc. e diversi preparati relativi alla teratologia umana che in passato venivano definiti mostruosità. Nella nicchia situata al centro della parete finale della sala è attualmente esposto il ritratto marmoreo del Professore Paolo Gaddi (Fig. 9).

 

Fig. 8  Maialino bicefalo      Fig. 9  Busto di Paolo Gaddi